7 novembre 2011

Il sacrificio del montone


I rituali sono legati ad antiche tradizioni e alle usanze religiose di ogni angolo del mondo. I nostri possono apparire strani agli occhi di un visitatore che viene da lontano e quelli degli altri possono sembrare strani, a volte incomprensibili, assurdi o crudeli ai nostri occhi farciti soltanto delle nostre abitudini.
Il giorno in cui quasi ogni famiglia sacrifica l’agnello, o meglio il montone, nella tradizione musulmana è una delle festività principali dell’Islam. Il sacrificio deve essere vissuto con l’animale vivo che viene condotto nella propria abitazione dove uomini e ragazzi esperti si recano per uccidere la vittima, scuoiarla e predisporla per essere macellata nei giorni seguenti. Nello stesso giorno si possono mangiare il fegato, i reni e le interiora. Per chi non è abituato, vedere dal vivo lo sgozzamento del montone può apparire alquanto cruento, e lo spettacolo del sangue che sgorga copioso potrebbe colpire la sensibilità di molte persone.
In realtà questo rituale ci è apparso crudo ma meno ipocrita di tanti altri rituali: prima di mangiare l’agnello si vive il suo sacrificio, come i testi sacri, Bibbia compresa, raccontano di Abramo e della prova cui fu sottoposto con il figlio Isacco.
Nella cultura occidentale questo non succede: la maggioranza di noi si siede al tavolo, mangia l’agnello e non vede, e nemmeno lontanamente vuol immaginare, l’uccisione dell’animale e il sangue che scorre.
Permettetemi di pensare che in questo ci sia un pizzico d’ipocrisia culturale in più, conscia o inconscia che sia.
Per quanto ci riguarda una nuova interessante esperienza con i nostri amici fraterni Latif e Dounia.
La vittima sacrificale

Gli esperti


Latif prepara la brace

Gli spiedini

Dounia e Sara dopo il gran lavoro

Il Wanderer, ultima sera a Larache

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