Lavoro e precariato sono ormai quasi sinonimi, nonché
parentesi invisibili che si aprono e si chiudono senza che nessuno ci possa far
niente.
Ho lavorato per due mesi in un contesto
biologico, dove tutto era biologico, dal cibo ai detersivi, dalla frutta alla
carta igienica, circondato da gente la cui priorità è uno stile di vita
salutare che porti a vivere meglio, se non più a lungo, spendendo una discreta
cifra di denaro in più con la speranza di risparmiare nel futuro sulle medicine
per curare le malattie che derivano da stili di vita meno attenti.
La scienza forse confermerà ma ogni esagerazione
rischia di essere inutile e a volte le scelte trovano difficile coerenza nella
vita di tutti i giorni che satura le nostre città, dove l’aria è la prima cosa
che dovremmo evitare di respirare per magari decidere di vivere lontano dalle
aree urbane, immersi davvero nella natura biologica.
In questo contesto credevo comunque di trovare un’etica
salutare applicata non solo al cibo ma anche alle relazioni umane, ai ritmi di
lavoro, alla gestione delle risorse umane stesse.
Mi sbagliavo.
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