Negli ultimi mesi, durante questo mia “ritorno a casa“, questo ritorno a una casa, ad una vita più stanziale, che sia pure spero si potrà concedere ancora qualche viaggio, mi sono sentito di aver quasi un po’ sorpreso, se non deluso un certo numero di persone.
Forse che io sia stato percepito un po’ come Forrest Gump il quale, dopo aver percorso di corsa una moltitudine di chilometri negli Stati Uniti dice a se stesso e agli altri: “Sono un po’ stanchino. Credo che tornerò a casa ora”?. 😊
Ma c’è un “ritorno a casa” ancora più famoso ed è quello del figliol prodigo. La parabola narra di un giovane che pretende la sua parte di eredità e la perde in modo dissoluto. Ormai poverissimo torna alla casa del padre che dopo qualche tempo, avendolo perdonato, gli fa svestire i panni del guardiano dei porci e invita un servitore a offrirgli abiti più consoni.
La poetica, la tematica profonda è quella del perdono: quello divino di fronte ad un peccatore. Ma lasciando da parte le interpretazioni religiose, il tema è quello del perdono di se stessi, e forse l’errare, mio, di Forrest e del figliol prodigo, era anche o solo un percorso di comprensione più generale e profonda della propria vita, delle proprie sofferenze e dei propri errori.
Chi fa più fatica a perdonare i nostri presunti errori non sono gli altri, siamo noi.








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