Il campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau è stato un vasto complesso di campi di concentramento e di sterminio. Durante la seconda guerra mondiale, tra il 1940 e il 1944, vi furono sterminati più di 1 milione di prigionieri, in gran parte ebrei.
È il più grande mai realizzato dal nazismo e svolse un ruolo fondamentale nel progetto di “soluzione finale della questione ebraica“ – eufemismo con il quale i nazisti indicarono lo sterminio degli ebrei (nel campo, tuttavia, trovarono la morte anche molte altre categorie di persone) – divenendo rapidamente il più efficiente centro di sterminio della Germania nazista. Auschwitz, che da molto tempo io desideravo visitare, nell'immaginario collettivo è diventato il simbolo universale del lager, nonché sinonimo di "fabbrica della morte", realizzato nel cuore dell’Europa centrale del XX secolo, non molto tempo fa in fondo. A fare una visita qui ci dovrebbero venire tutti, ma proprio tutti.
“Arbeit macht frei” (il lavoro rende liberi) era il motto posto all'ingresso di numerosi lager così come anche ad Auschwitz. La scritta assunse nel tempo un forte significato simbolico, sintetizzando in modo beffardo le menzogne dei campi di concentramento, nei quali i lavori forzati, la condizione disumana di privazione dei prigionieri e solitamente il destino finale di morte contrastavano con il significato del motto stesso. In realtà anche nel mondo moderno il lavoro è rimasto troppo spesso solo la trasformazione di una schiavitù mascherata.
Quando gli esseri umani conducevano una vita di cacciatori-raccoglitori non era ancora iniziata l’era che determinò l’inizio della cosiddetta civiltà umana, quando circa 10.000 anni orsono iniziò quel discutibile processo che portò alla vita stanziale, all’agricoltura, all’urbanizzazione e ai meccanismi del lavoro così come lo conosciamo anche oggi.
Se c’è una cosa che odio profondamente è proprio il filo spinato (a partire da questo di Auschwitz), ciò che rappresenta e ha sempre rappresentato nei violenti limiti che ci vengono imposti, oltre che simbolici anche materialmente concreti persino nella libera circolazione degli esseri umani su questo controverso pianeta.
Allontanandomi da Auschwitz c’era un cielo che rifletteva il mio stato d’animo.
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