The Wanderer (1885)

The Wanderer (1885)
Alla fine dell’800 in Gran Bretagna esisteva un tiro a due cavalli chiamato The Wanderer (il vagabondo, il viandante). Il dottor William Gordon Stables, un medico di origini scozzesi, commissionò la costruzione di questo veicolo ritenendo la vita itinerante all’aria aperta benefica per la salute. Su questi affascinanti veicoli da quel giorno iniziarono a viaggiare altri "gentlemen-gipsies" (gentiluomini zingari come vennero definiti a quei tempi), che diedero il via alle prime esplorazioni "plenair" grazie al loro spirito di avventura. Un sogno anche per noi che abitiamo in un mondo (oggi come ieri) limitato da fili spinati e confini, e afflitto da una burocrazia soffocante. Il mio blog e i libri che ho scritto sono dedicati a quegli uomini. Un inno di libertà, a favore dell’utopica libera circolazione degli esseri umani su questo meraviglioso pianeta.

10 agosto 2015

Gentleman gipsy e il Wanderer: le origini dei nomi

Mancano tre mesi al compimento dei cinque anni della mia vita itinerante a bordo del Wanderer. Alcuni di voi mi seguono fin dall’inizio, fin dai primissimi post inseriti in questo blog oltre cinque anni orsono.
Altri si sono aggiunti lungo il cammino e qualcuno magari non è risalito così indietro nel tempo e non ha avuto modo di leggere il post che parlava proprio dell'origine dei nomi dati al blog e al mio camper. Un post che peraltro è diventato l’inizio del libro Gentleman gipsy pubblicato nel gennaio 2014 (per chi fosse interessato, disponibile on line nel sito Il Mio Libro.it http://ilmiolibro.kataweb.it/community.asp?id=3605 ).
Ecco la storia dell’origine dei nomi.
"Alla fine dell’800 in Gran Bretagna esisteva un tiro a due cavalli chiamato The Wanderer (il vagabondo, il viandante), considerato il precursore dei veicoli ricreazionali, gli attuali caravan e autocaravan. Il dottor William Gordon Stables, un medico di origini scozzesi, commissionò la costruzione di questo veicolo ritenendo la vita itinerante all’aria aperta benefica per la salute, e nel 1885 ricoprì oltre duemila chilometri dalla sua casa di Twyford nel Berkshire per giungere alla città di Inverness in Scozia. A bordo di questi affascinanti veicoli iniziarono così a viaggiare altri gentlemen-gipsies, gentiluomini zingari, dando origine alle prime esplorazioni plenair accompagnate da un indubbio spirito di avventura. Un sogno anche per noi che abitiamo in un mondo (oggi come ieri) costellato da fili spinati, frontiere e burocrazia soffocante.
Questo racconto vuole essere dedicato a quegli uomini come un personale contributo, un inno di libertà, all’utopica libera circolazione degli esseri umani su questo meraviglioso pianeta. L’affascinante vita delle popolazioni nomadi del passato e del presente è stata studiata e ammirata da poeti e scrittori tra i quali Bruce Chatwin, esperto d’arte e archeologo, giornalista, fotografo, esploratore e narratore. Il famoso scrittore britannico, autore di In Patagonia e Le vie dei canti, scrisse un libro dal titolo Anatomia dell’irrequietezza, rivelatore ancor più di altri libri di ciò che era la sua “inquietudine di uccello migratore, devoto per istinto all’alternativa nomade”, quasi da proporre il nomadismo come alternativa alla cosiddetta civiltà. Chatwin sosteneva che il nomade rinuncia, medita in solitudine, abbandona i rituali collettivi e non si cura dei procedimenti razionali dell’istruzione o della cultura. E’ un uomo di fede.
Personalmente ritengo che la fede sia spesso sinonimo di religione oltre che di spiritualità, e come agnostico preferisco immaginare che il nomade sia un essere in possesso di una propria dimensione spirituale più che religiosa. Devo tuttavia ammettere che andare contro corrente richiede comunque una buona dose d’ideali e quindi anche di “fede”. Le difficoltà burocratiche, l’antico negativo retaggio legato agli zingari (e qualche volta anche giustificato), le spesso inconsapevoli invidie provate da molti “stanziali”, fanno si che il nomade venga percepito sottilmente destabilizzante per la società e per la sua economia, così legata al lavoro fisso (oggi peraltro non così sicuro) e alla manodopera che la sostiene. Il viaggio di lungo periodo in questo contesto è diventato un’esperienza rara e difficile da scegliere. I prezzi da pagare oltre che economici sono professionali, familiari, sociali, burocratici e non invogliano certo chi fantastica sulla possibilità di vagabondare per il mondo. Solo una piccola percentuale di persone fa questa scelta, pronta a pagarne il prezzo. Le difficoltà ci sono, e sono molte. Le prime sono culturali, interiori e personali poiché quasi la maggioranza di noi ormai nasce in una famiglia stanziale. La vita itinerante spesso comporta, per i meno abbienti, la rinuncia a un lavoro più o meno sicuro, all’essere esposti ad una maggiore instabilità economica, a vendere o, nella migliore delle ipotesi, ad affittare la propria casa, se si ha la fortuna di possederne una. Altri elementi culturali da affrontare sono il distacco (spesso vissuto come abbandono) dai propri familiari, talvolta pronti a far scattare i ricatti affettivi di rito, unitamente alle preoccupazioni esternate ai protagonisti di una scelta così insolita e percepita come alquanto pericolosa.

Lasciando agli addetti del settore la trattazione psicologica di questi interessanti temi sui quali esiste una copiosa letteratura, continuerò con il racconto della mia esperienza personale con l’intento di condividere le avventure, le gioie e i dolori di una scelta poco comune ma comunque lecita e onesta negli intenti e negli ideali che la sostengono".


Il vero Wanderer nel 1885


Il mio ultimo libro disponibile nel sito:



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Chi desidera visionarle mi chieda il contatto specificando il motivo “fotografico”.
Grazie.



Altri link dell’autore:

Il canale in You Tube dove trovare tutti i minivideo di Gentleman Gipsy:

La pittura:

Le foto di“pop art”: curiosità, stranezze e poesia del mondo come lo vedo io:

I libri pubblicati:



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