The Wanderer (1885)

The Wanderer (1885)
Alla fine dell’800 in Gran Bretagna esisteva un tiro a due cavalli chiamato The Wanderer (il vagabondo, il viandante). Il dottor William Gordon Stables, un medico di origini scozzesi, commissionò la costruzione di questo veicolo ritenendo la vita itinerante all’aria aperta benefica per la salute. Su questi affascinanti veicoli da quel giorno iniziarono a viaggiare altri "gentlemen-gipsies" (gentiluomini zingari come vennero definiti a quei tempi), che diedero il via alle prime esplorazioni "plenair" grazie al loro spirito di avventura. Un sogno anche per noi che abitiamo in un mondo (oggi come ieri) limitato da fili spinati e confini, e afflitto da una burocrazia soffocante. Il mio blog e i libri che ho scritto sono dedicati a quegli uomini. Un inno di libertà, a favore dell’utopica libera circolazione degli esseri umani su questo meraviglioso pianeta.

10 marzo 2013

Là, dove le cose avevano un senso

 
Ogni tanto ritorno nel quartiere dove sono nato e dove ho vissuto i primi dieci anni della mia vita: l’età d’oro dell’infanzia.
E’ un quartiere di Bergamo che porta un’insolito nome: Villaggio degli Sposi.
Oltre 50 anni orsono fu ideato e voluto da un prete energico, Don Bepo Vavassori, per aiutare i suoi giovani a sposarsi. Molte giovani coppie acquistarono le piccole casette a schiera, ci andarono ad abitare e, nel boom degli anni ’60, fecero molti bambini.
Noi crescemmo realmente liberi di spaziare in tutto il quartiere, così circondato dai campi da farci sentire più ragazzi di campagna che di città, nonostante le mura di Bergamo alta fossero il vicino orizzonte del nostro verde paesaggio.
Molto è stato costruito da allora nei paraggi, non ultimo il gigantesco complesso del nuovo ospedale, ma stranamente una discreta parte del verde, dei campi, dei piccoli corsi d’acqua e degli alberi della mia infanzia ha resistito al tempo.
Quando frequentavo la 5° elementare i miei genitori decisero che avevamo bisogno di una casa più spaziosa e la mia età dell’oro finì bruscamente.
La mia identità, costruita su prove di coraggio e velocità, e sui delicati e inconsapevoli meccanismi di stima, rispetto e gerarchie nel branco, era il risultato di anni di socialità con i bambini di via Massimo D’Azeglio e dintorni. Ora non aveva alcun valore nel nuovo quartiere dalla parte opposta della città. C’era qualcosa da ricostruire da zero e nulla più sarebbe stato uguale a prima.
Questo stacco netto mi fece idealizzare quei luoghi della mia infanzia che ho sempre ricordato con profonda nostalgia.
Come oggi, molte volte durante la mia vita - specie nei periodi difficili come quello che sto vivendo ora - sono ritornato a camminare per quelle strade.
“Qui le cose avevano un senso”, è ciò che mi ritrovo a pensare.
Aveva un senso alzarmi la mattina per andare a scuola e avevano un senso le difficoltà con i miei genitori per i quali ero un bambino difficile. Le stagioni erano percepite con tutti i sensi, le nebbie e la neve degli inverni, il sole, il caldo e i temporali dell’estate, lo sbocciare della vita nei campi in primavera e le atmosfere soffuse dell’autunno.
Aveva un senso l’essere un bambino, avere un padre, una madre e una sorella. Avevano senso i miei migliori amici con i quali dividevo avventure, esplorazioni ed una libertà pressochè totale di movimento fuori dalle nostre case, una libertà che da molti anni i bambini non posso nemmeno immaginare cosa sia.
La mia vita aveva un senso, e crescendo, nell’età adulta, raramente ho provato questa sensazione con la stessa intensità.
E quando il mondo intorno a me perde completamente un senso, e la mia vita lo stesso, quei lontani e così nitidi ricordi, mi regalano una malinconica pace e un piccolo intenso dolore dentro il cuore.
E mai come in quei momenti sento il bisogno di ridare un senso alle cose.  
 
Bergamo Alta vista dai campi del Villaggio degli Sposi
 
Via Massimo d’Azeglio 35, è lì che sono nato (non certo nell’Ospedale di Alzano Lombardo dove tecnicamente sono venuto alla luce). La strada della mia infanzia.
 
I campi, gli alberi, i corsi d’acqua per irrigare erano il nostro spazio vitale,
dove costruire capanne ed esplorare la natura.
 
Via Massimo d’Azeglio dove ho vissuto i primi dieci anni della mia vita.
Quando raramente incontro vecchie conoscenze che sono rimaste sempre al Villaggio degli Sposi e l’hanno visto trasformarsi nei decenni, non riesco mai a trovare in loro la stessa nostalgia e gli stessi ricordi d’oro che io conservo dentro di me
 
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Altri link dell’autore:
 
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