Trovandomi a Genova, come non omaggiare Fabrizio De André (la sua tomba si trova nel cimitero monumentale di Staglieno ma le ceneri sono state disperse, per sua volontà, al largo di Genova, nel Mar Ligure) del quale mi piacciono i testi, le musiche, la testa, le idee, il modo di pensare e di vedere il mondo.
Considerato uno dei più importanti, influenti e innovativi cantautori italiani, è conosciuto anche con l'appellativo di Faber che gli dette l'amico Paolo Villaggio (con riferimento alla sua predilezione per i pastelli e le matite della Faber-Castell, oltre che per l'assonanza con il suo nome), e talvolta come "il cantautore degli emarginati" o il "poeta degli sconfitti". Le sue canzoni raccontano storie di emarginati, ribelli e prostitute, e alcune per il loro valore poetico sono state accolte da antologie scolastiche già dai primi anni settanta.
Insieme a Bruno Lauzi, Gino Paoli, Umberto Bindi e Luigi Tenco, è uno degli esponenti della cosiddetta scuola genovese, un nucleo di artisti che rinnovò profondamente la musica leggera italiana. È l'artista con il maggior numero di riconoscimenti da parte del Club Tenco. La popolarità e l'alto livello artistico del suo canzoniere hanno spinto alcune istituzioni, dopo la sua morte, a dedicargli vie, piazze, parchi, teatri, biblioteche e scuole.
Di idee anarchiche e pacifiste, è stato anche uno degli artisti che maggiormente hanno valorizzato la lingua ligure. Ha affrontato inoltre, in misura minore e differente, altri idiomi, come il gallurese e il napoletano.
Nessun commento:
Posta un commento