The Wanderer (1885)

The Wanderer (1885)
Alla fine dell’800 in Gran Bretagna esisteva un tiro a due cavalli chiamato The Wanderer (il vagabondo, il viandante). Il dottor William Gordon Stables, un medico di origini scozzesi, commissionò la costruzione di questo veicolo ritenendo la vita itinerante all’aria aperta benefica per la salute. Su questi affascinanti veicoli da quel giorno iniziarono a viaggiare altri "gentlemen-gipsies" (gentiluomini zingari come vennero definiti a quei tempi), che diedero il via alle prime esplorazioni "plenair" grazie al loro spirito di avventura. Un sogno anche per noi che abitiamo in un mondo (oggi come ieri) limitato da fili spinati e confini, e afflitto da una burocrazia soffocante. Il mio blog e i libri che ho scritto sono dedicati a quegli uomini. Un inno di libertà, a favore dell’utopica libera circolazione degli esseri umani su questo meraviglioso pianeta.

24 gennaio 2011

La fortuna ci ha aiutato, questa volta

Credo che se le circostanze fossero state diverse Sara ed io non saremmo qui a raccontarvi questa avventura. Se in questo momento, il 24 gennaio 2011 alle ore 5,30 circa, fossimo stati parcheggiati per dormire ai bordi di una scogliera, di un fiume, di un lago, di un precipizio, anziché in un parcheggio semivuoto a ridosso di un parco cittadino, circondati dalle ridenti colline del Parco dei Colli di Bergamo, probabilmente sarebbe andata molto peggio per noi.
Ricapitoliamo. La temperatura esterna è tornata a scendere fino a quattro, cinque gradi sottozero e il GPL, come successo ad Arezzo, ci ha abbandonato, forse anche perché solo una delle due bombole è a 1/3 della sua capienza mentre l’altra è vuota.
Come in barca a vela, anche sul Wanderer l’orecchio percepisce ogni variazione di suoni e rumori, e nel sonno ho sentito il ticchettio del frigorifero che conferma lo spegnimento e il blocco del gas e del riscaldamento. Mi sono alzato e ho provato solo un paio di volte a riaccendere l’impianto invano, conoscendo ormai il problema.
Dopo aver acceso il motore, la ventilazione del riscaldamento in cabina e il termo convertitore nell’abitacolo, mi sono messo al computer in attesa delle prime luci dell’alba.
Dopo pochi minuti ho avuto una sensazione di movimento e l’occhio attraverso le tendine ha avuto la sua conferma: il Wanderer si stava muovendo all’indietro!
Uno scatto verso la cabina, l’atto di premere il pedale del freno e contemporaneamente di tirare il freno a mano è coinciso con una sensazione di urto e di blocco del camper mentre le poche cose presenti sul ripiano della cucina cadevano rumorosamente per terra.
Il freno a mano era già azionato ma a quanto pare non completamente: la sera precedente, a motore spento, avevamo anche la marcia inserita.
Sara, che dormiva sotto le coperte, si è spaventata non riuscendo a comprendere che stava succedendo (ha pensato a un terremoto) ed io avevo il cuore in gola prima di uscire e verificare dove eravamo finiti e quali altri danni potesse aver subito il Wanderer, già segnato dal tamponamento subito giorni fa.
Per farla breve, nessun danno. Il colpo percepito era solo un parziale blocco delle ruote posteriori che nella corsa avevano raggiunto lo sterrato accidentato ai bordi del parcheggio (circa 15/20 metri da dove eravamo)  e si erano bloccate, non posso essere certo se naturalmente o con l’aiuto della mia frenata.
Solo cinquanta centimetri dopo c’è un fossato di circa un metro, nel quale il Wanderer poteva ficcarsi ed essere tolto solo con un’autogru, senza parlare dei danni che avrebbe subito. Probabilmente la fortuna che ci fosse il terreno accidentato prima del fossato ci ha salvato da un’avventura peggiore.
Precipizi, laghi, fiumi, scogliere a parte: se così fosse stato credo proprio che sarebbe finita male.
Ho fatto un errore molto grave: non ho verificato che il freno a mano fosse completamente tirato quando ho acceso il motore mettendo il cambio in folle. Lo era all’80 per cento ma non è abbastanza.
Ho messo in pericolo la vita di Sara e la mia. Ho rischiato di danneggiare il Wanderer seriamente e solo di pochi metri abbiamo evitato un palo della luce o un albero.
Non ci si impegna mai abbastanza, non si è mai concentrati abbastanza quando si tratta di essere attenti alla sicurezza.
Una lezione importante, una lezione che ci servirà nei prossimi mesi quando saremo parcheggiati in Marocco a dormire non lontano dai bordi di una scogliera a precipizio sull’Oceano Atlantico.
Questo è un errore che non mi perdonerò facilmente.

Un'alba ritrovata con piacere dopo l'incidente...



Il fossato dove avrebbe potuto finire il Wanderer



Le tracce dei penumatici dove il Wanderer si è fermato...



Per visualizzare le foto in dimensioni maggiori cliccare sull’immagine. Chi fosse interessato a vedere altre fotografie del viaggio ci chieda amicizia in Facebook cliccando qui : www.facebook.com/eliseo.oberti

2 commenti:

  1. Accidenti ragazzi. Tutto è bene quel che finisce bene, ma non fateci prendere questi spaventi. Per chi come me vi segue quotidianamente e che vive con voi le emozioni e le difficoltà della vita plein air sono notizie che non si vorrebbero mai leggere. Comunque, evidentemente lassù qualcuno vi ama. Come dicevi, Eliseo sono lezioni di vita e non si finisce mai di imparare. Vi abbraccio forte e spero che compriate un blocca ruota al più presto !!!!

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  2. Caro Pierluigi, la lezione è servita...! I cunei che teniamo inutilizzati "in magazzino" verranno usati, e non solo per stabilizzare il Wanderer.... :-) Un abbraccio

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