The Wanderer (1885)

The Wanderer (1885)
Alla fine dell’800 in Gran Bretagna esisteva un tiro a due cavalli chiamato The Wanderer (il vagabondo, il viandante). Il dottor William Gordon Stables, un medico di origini scozzesi, commissionò la costruzione di questo veicolo ritenendo la vita itinerante all’aria aperta benefica per la salute. Su questi affascinanti veicoli da quel giorno iniziarono a viaggiare altri "gentlemen-gipsies" (gentiluomini zingari come vennero definiti a quei tempi), che diedero il via alle prime esplorazioni "plenair" grazie al loro spirito di avventura. Un sogno anche per noi che abitiamo in un mondo (oggi come ieri) limitato da fili spinati e confini, e afflitto da una burocrazia soffocante. Il mio blog e i libri che ho scritto sono dedicati a quegli uomini. Un inno di libertà, a favore dell’utopica libera circolazione degli esseri umani su questo meraviglioso pianeta.

23 maggio 2015

Wonderful Wanderlust! La sindrome del viaggiatore: una malattia genetica da cui guarire?

Questo post parla dell'argomento sul quale mi è stato richiesto un intervento radiofonico a RADIO CAPITAL, nel programma CAPITAL IN THE WALKMAN condotto da Doris Zaccone, andato in onda il 23 maggio ( il link per ascoltarlo in streaming lo trovate qui di seguito: la puntata, che dura circa 45 minuti è stata tutta interessante, musica ed interventi compresi, ma se non avete tutto questo tempo, potete ascoltare solo i seguenti minuti per capire l'argomento e ciò di cui abbiamo parlato (dal minuto 3' al minuto 3',41'', dal 4',03'' al 4',55'', dal 8',15'' al 12',15'', dal 16',57'' al 17',50'' e infine il mio intervento dal minuto 22',15'' al minuto 28',21''. Buon ascolto! 
Emoticon smilehttp://www.capital.it/…/Capital-in-the-walk…/3744379/3765730).




        Un gene nel DNA svelerebbe se siamo “malati” di viaggi: secondo queste recenti scoperte scientifiche, tutto ciò andrebbe ricollegato a un gene presente nel nostro DNA - chiamato Drd4-7R - associato ai livelli di dopamina nel cervello. E’ stato anche rinominato gene della Wanderlust, utilizzando una parola di origine tedesca che deriva da wandern, ovvero camminare, girovagare, viaggiare, e lust, piacere, desiderio.
Il gene non è presente in tutti: pare che solo il 20% della popolazione lo possieda ed è più comune nelle regioni in cui il passato e la storia hanno spinto i popoli a migrare. Lo mettono in correlazione con la presenza di grandi livelli di curiosità e “irrequietezza” in quelle persone che hanno il desiderio “irresistibile e incurabile” (utilizzano spesso anche la parola “fuga”) di viaggiare o “vagare”: insomma, sono tutti coloro che “non sanno resistere” (scusate, ma perché bisogna resistere?) alla voglia di girovagare di fare viaggi (“fughe” ovvio) in posti nuovi. E non necessariamente solo per fare vacanze, ma anche per lavorare o vivere in luoghi del mondo sempre differenti, finché possibile.
Bene, da viaggiatore, amante del pianeta, della gente che ci abita e dei suoi paesaggi, in questa analisi medico-sociologico-psicologica ci trovo qualche parola di troppo (vi siete accorti che le ho virgolettate) con connotazioni che mi sembrano non solo critiche, ma negative, quasi di condanna: insomma una malattia da cui sarebbe meglio che chi ne è affetto guarisca.
Niente di nuovo sotto il sole: la parola Wanderlust era già stata utilizzata agli inizi del Novecento a proposito della predilezione romantica dei viaggiatori di origine germanica (tra i più noti Goethe, Hermann Hesse, Thomas Mann)  e qualche sociologo già vedeva la “sindrome” in contrasto con i valori dello stato e della sua organizzazione.
In psicologia poi si diceva di tutto e di più, (e si dice ancora): “potrebbe essere un desiderio di fuggire e di lasciarsi alle spalle i sentimenti depressivi di colpa, collegato al disturbo bipolare, e può riflettere un desiderio intenso di auto-sviluppo attuato sperimentando l'ignoto, affrontando le sfide impreviste, conoscendo culture sconosciute, altri modi di vita e comportamenti”. (Che c’è di male in questo?) Aggiungono che “in adolescenza, l'insoddisfazione alle restrizioni date da una famiglia, una casa e un luogo fisso in cui si vive, possono anche alimentare il desiderio di viaggiare”.
Negli ultimi mesi sono apparsi sui giornali un buon numero di articoli che ne parlano quindi come di una sindrome condita da ossessioni la “Sindrome di Wanderlust”: tra i sintomi di questa "orrenda malattia" ne elencano di molti divertenti (e leggeri) come: “Siete affetti dalla sindrome se la cronologia del vostro computer è abbastanza monotematica sui siti geografici e di viaggi; avete la valigia perennemente aperta e con dentro sempre alcuni vestiti dell’ultimo viaggio; quando entrate in una libreria vi dirigete con passo deciso verso la sezione viaggi in cerca di qualche ispirazione per la prossima partenza; ogni volta che sentite le parole partire e avventura, aumenta il diametro delle vostre pupille; siete ossessionati dai programmi sui viaggi; parlate più di due lingue in modo fluente e siete in grado di farvi capire in tutto il mondo (ce ne vorrebbero in Italia!), perché il linguaggio dei gesti all’occorrenza funziona sempre; con il corpo siete in un posto, ma con la mente siete in un’altro a migliaia di chilometri di distanza; il passaporto è sacro e va custodito con molta cura; avete amici sparsi in tutto il mondo, la maggior parte di loro probabilmente non la rivedrete mai più; vi è capitato così tante volte di dormire in treno o in aeroporto, che il vostro corpo ormai è in grado di assumere posizioni da contorsionisti”.
Divertente, ma tutto ciò suona quasi più come una satira che un’analisi che abbia intenzioni serie. Non vi pare?
Altri “sintomi” citati sono già più interessanti come: “il desiderio di cambiare lavoro e Paese è tale che si fatica a mantenere un posto fisso”.    Ovvio:  il posto fisso mi tiene fisso in un posto, per fare una piccola e banale inversione di parole.
“L'autore preferito è Bruce Chatwin, lo scrittore e viaggiatore britannico, autore di numerosi romanzi di viaggio, tra i quali In Patagonia, Le vie dei Canti e Anatomia dell’irrequietezza”. Si, non ci si meraviglia che possa esserlo (il mio comunque è stato per anni Hermann Hesse) visto che è uno che ha saputo approfondire con serietà questa “irrequietezza” proponendo il nomadismo come alternativa alla cosiddetta civiltà.
E continuano con “Il vostro pensiero fisso è il prossimo viaggio”, sostituirei pensiero fisso (connotazione negativa), con “uno degli obiettivi prioritari”
“Il vostro secondo pensiero fisso è trovare i soldi per il prossimo viaggio”. Ovvio, un altro necessario obiettivo.
“Se state per più di cinque mesi in un luogo comincia a venirvi l’ansia.” Qui mi trovano proprio d’accordo: ma più che ansia, una certa noia di routine, una mancanza di differenti stimoli visivi, incontri nuovi, nuovi paesaggi, di oceani, foreste, deserti, montagne. Che ci crediate o meno, il livello di gioia che si prova viaggiando, per noi che amiamo questa dimensione, è difficilmente riscontrabile in altre attività umane.
Continuano nell’elenco: “I vostri amici e la vostra famiglia si sono rassegnati all’idea di vedervi partire sempre più spesso e verso mete sempre più lontane”. Si, e anche se vi sembrerà strano, succede che qualche volta continuino pure a volerci bene (e subito vengono considerati “povere innocenti vittime”…).
“Quando vedete la gente indossare abiti firmati fate paragoni in termini di viaggio, cioè quanti viaggi potreste fare allo stesso costo di quell’abito”. Assolutamente vero: non solo abiti, ma anche auto lussuose, gioielli, quadri preziosi, spese in bar e ristoranti, costi di sigarette ed alcolici, ecc., ecc.
“Siete aggiornati sui vari fusi orari nel mondo e sulle condizioni climatiche”. Necessario, così come essere interessati alla cartografia, alle piantine, alle mappe, alle guide.
E infine aggiungono: “Chi sono per voi gli extraterrestri? Sono coloro a cui non piacciono i viaggi!”. Ovviamente, d’accordissimo!! J
In conclusione, dopo averci scherzato un po’: io credo che gli analisti critici che hanno parlato e scritto utilizzando spesso connotazioni negative su questa presunta sindrome di Wanderlust, forse dovrebbero dedicarsi con altrettanto impegno alle sofferenze, alle psicosi, alle nevrosi, alle ansie e depressioni, alle somatizzazioni e alle vere e proprie malattie (costi sociali compresi) così troppo frequenti negli individui stanziali, sedentari, inchiodati a professioni che non amano e che, nonostante siano “necessarie per il sistema organizzato”, non li rendono certo sufficientemente felici per non “ammalarsi”. Ma si sa, succede che quando la malattia è della maggioranza, diventa normalità.
Io, se la sindrome di Wanderlust ce l’ho, spero di non guarire mai, perché come effetti collaterali ho avuto gli anni migliori della mia vita.
E se mai la sindrome di Wanderlust fosse contagiosa, se vi interessa venite a trovarmi: con un abbraccio ve ne passerò (gratis dai!) volentieri qualche piccolo microbo…! J




Wonderful Wanderlust!




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10 commenti:

  1. Gli specialisti dovrebbero andare a farsi un viaggetto, ma un viaggetto vero...sono felice di avere labrutta sindrome del "wanderlust" che spero di tenermi in forma grave fino alla fine dei miei giorni che mi auguro sia lontanissima !

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    1. Bentrovata Laura! Non avevo dubbi di trovarti in sintonia su questo argomento! :-) Un abbraccio

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  2. Ciao Gentleman, dato che sei un gentiluomo sarebbe corretto inserire la fonte degli estratti che hai inserito nel tuo post. Anche per permettere alle persone di contestualizzare. http://lovetheshoot.it/22-segni-per-capire-se-avete-la-sindrome-del-viaggiatore/
    Da persona onesta a persona onesta ;)

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    1. Ciao Chiara, grazie per il tuo intervento. Non so se sono un gentiluomo in senso tradizionale...il nome del blog ha origini e motivazioni diverse. Comunque alcuni mesi fa erano apparsi molti articoli (credo ancora facilmente rintracciabili in rete) e non mi era sembrato necessario citarli. Con una piccola ricerca in google trovi tutto quello che può servire per contestualizzare ogni cosa... Buona vita! :-)

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    2. P.s. Comunque vedo che ci hai pensato tu...anche se credo di non aver mai visto il tuo articolo. Ce n'erano altri che riportavano le stesse cose.

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  3. Va bene non c'è problema. E' che oggi facendo una ricerca e ho trovato pezzi dei miei articoli sparsi in giro o addirittura copiati per intero ( ma non è questo il tuo caso). Comunque sono felice di essere passata, è sempre bello trovare altri gipsy;) Buoni viaggi!

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  4. La mia sindrome sta diventando piuttosto seria. Aiutatemi!

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  5. Io sto cominciando ad avere seri problemi nella vita, ormai non riesco a concentrarmi più su niente, penso solo a questi dannati viaggi.

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  6. Pensare?! :-) Passare all'azione e farli questi benedetti viaggi...! :-) Scherzi a parte, sta ad ognuno di noi capire le nostre vere e profonde priorità. Personalmente, per viaggiare il più possibile, vedere il mondo con i miei occhi e non solo in televisione, ho rinunciato a carriera, lavoro, casa e ho venduto tutto ciò che avevo. La scelta migliore della mia vita che mi ha dato anni di gioia e di libertà, mi ha fatto scegliere lo stile di vita che ho tuttora e che ha fatto di me un uomo felice. In bocca al lupo a tutti voi! :-)

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