The Wanderer (1885)

The Wanderer (1885)
Alla fine dell’800 in Gran Bretagna esisteva un tiro a due cavalli chiamato The Wanderer (il vagabondo, il viandante). Il dottor William Gordon Stables, un medico di origini scozzesi, commissionò la costruzione di questo veicolo ritenendo la vita itinerante all’aria aperta benefica per la salute. Su questi affascinanti veicoli da quel giorno iniziarono a viaggiare altri "gentlemen-gipsies" (gentiluomini zingari come vennero definiti a quei tempi), che diedero il via alle prime esplorazioni "plenair" grazie al loro spirito di avventura. Un sogno anche per noi che abitiamo in un mondo (oggi come ieri) limitato da fili spinati e confini, e afflitto da una burocrazia soffocante. Il mio blog e i libri che ho scritto sono dedicati a quegli uomini. Un inno di libertà, a favore dell’utopica libera circolazione degli esseri umani su questo meraviglioso pianeta.

20 agosto 2011

Olè !

Inizialmente Sara non era interessata a partecipare a una tradizione così discutibile ed io, dopo aver visto una corrida oltre vent’anni fa a Barcellona, avevo sempre pensato che non sarei più tornato dentro una plaza de toros: troppo sangue, una crudeltà gratuita, la tortura di un animale erbivoro e mansueto come una mucca, forse nemmeno troppo intelligente nel suo inseguire un drappo colorato anziché puntare direttamente al ventre o alle natiche dell’umano che ha davanti. “Vi vorrei vedere nell’arena con una tigre!” avrei sempre voluto dire ai fieri matadores – e poi fieri di che? – che vestiti pomposamente camminano con ostentato orgoglio davanti al pubblico plaudente dopo aver conficcato una spada dentro un povero toro stremato e senza forze, già fiaccato a sufficienza dai picadores e dai banderilleros.
Tuttavia questa tradizione che forse lentamente andrà a morire – nella più evoluta Catalogna di Barcellona e dintorni è già stata abolita – forse meritava essere vista da Sara, affinché comprendesse ancora meglio lo spirito di questo popolo che qualche secolo fa giunse anche sulle spiagge del suo amato Nicaragua con il classico atteggiamento dei conquistadores.
Difficile giudicare veramente dall’esterno di una civiltà: è come vedere una partita di rugby senza conoscerne le regole. Tuttavia gli occhi vedono il sangue, il respiro affannoso, la sofferenza di un’animale che non ha scelto questa presunta lotta ad armi impari: statisticamente la morte del toro è certa, quella del torero altamente improbabile e quando qualcuno di questi giovani “coraggiosi” si prende qualche sana incornata, noi dalla parte del toro non possiamo far altro che gioire.
Non crediamo che siano i curiosi turisti stranieri – peraltro non plaudenti - a sostenere questo anacronistico spettacolo: la massa dei locali animati e intensamente partecipanti al rito collettivo è ciò che fa e farà continuare questa tradizione ancora per un pezzo in questa nostra contraddittoria Andalusia.
E questo è solo il nostro pensiero. Nulla di più.




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